Come raccontare a un bambino che è nato da PMA ?
La scelta di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (PMA) è sempre più comune nelle società contemporanee. Le tecniche vanno dall’induzione dell’ovulazione o inseminazione intrauterina (PMA omologa) all’utilizzo di gameti o embrioni di donatore (PMA eterologa).
È fondamentale comprendere che, indipendentemente dalla modalità di concepimento, il bambino è pienamente parte della famiglia e della storia della coppia. Il modo in cui si racconta questa storia può influenzare il senso di sé del bambino, il rapporto genitore‑figlio, la fiducia, l’identità.
È importante evitare segreti, tempi troppo lunghi o comunicazioni incomplete.
Le ricerche mostrano che quando i genitori non comunicano, o lo fanno tardivamente, i figli possono sentirsi traditi, confusi o “diversi”. Ad esempio, una review afferma che nei casi in cui i figli scoprono in adolescenza o adulti che sono stati concepiti tramite donazione, alcuni riportano sensazioni di shock o tradimento. Non parlarne, rinviare o lasciare che il bambino “scopra da sé” può generare un’atmosfera di segreto, dubbio, vergogna implicita. E ciò può influenzare l’identità del bambino, la fiducia nei genitori, e il senso di appartenenza.
Affrontare il tema con trasparenza e gradualmente, rispettando l’età e il modo di comunicare del bambino, promuove la fiducia tra genitori e figlio, evita che si creino “buchi” nella narrazione della famiglia, e sostiene un percorso di vita sereno.
Le ricerche mostrano che i figli concepiti con PMA non presentano, in media, problematiche di sviluppo psicologico o relazionale significativamente diverse rispetto ai figli concepiti spontaneamente. Ad esempio, una review ha concluso che: “in generale gli adolescenti nati tramite tecniche di riproduzione assistita non mostrano alcuna difficoltà maggiore nell’aggiustamento psicologico rispetto agli adolescenti concepiti naturalmente”.
Un altro studio ha riscontrato che i rapporti genitore‑figlio nelle famiglie nate con tecniche mediche assistite erano sovrapponibili a quelli delle famiglie con concepimento spontaneo.
Questo suggerisce che la qualità della relazione e della comunicazione famigliare è più importante della modalità di concepimento.
Perché è importante raccontare
Identità e senso di sé
Ogni bambino, fin da piccolo, costruisce la propria identità in relazione alla famiglia, alle origini, alla storia. Sapere in che modo è stato concepito fa parte della sua storia personale. Se la modalità del concepimento viene taciuta o trattata come “tabù”, il bambino può percepire che c’è qualcosa di “diverso”, un non detto, che può generare ansia, senso di colpa, vergogna o un’identità frammentata.
La letteratura sottolinea che nei casi di donazione o eterologa, il momento e il modo della comunicazione (“disclosure”) sono rilevanti. Una meta‑analisi ha rilevato che tra i genitori che utilizzano tecniche di riproduzione assistita, solo circa il 23% aveva già detto al bambino come era stato concepito; il 44% prevedeva di dirlo; il 20% prevedeva di non dirlo. In altre parole: il silenzio è ancora molto frequente, e questo può implicare rischi nella relazione genitore‑figlio.
Quando un genitore racconta in modo aperto e progressivo, si aiuta il bambino a crescere con una storia integrata, evitando che percepisca un “segreto” o “qualcosa di nascosto”. Il rischio, al contrario, è che il bambino attribuisca significati fantasiosi o negativi a ciò che non viene detto.
Evitare il senso di “diversità” o “eccezionalità” negativa
Usare termini come “gravidanza naturale” per distinguere dal concepimento assistito può suggerire implicitamente che la PMA sia “innaturale”. In realtà, tutte le gravidanze avvengono in natura — potremmo dire «spontanea» per la modalità tradizionale, senza far sentire i bambini nati con PMA “diversi” o “non naturali”.
Parlare di “concezione assistita” o “aiutata” può essere utile, se ben spiegato, ma è importante evitare che il bambino percepisca di essere stato “meno naturale” degli altri, o meno valido.
Quando iniziare e come modulare il racconto
La letteratura raccomanda di iniziare presto, in modo semplice e graduale, adattando il linguaggio all’età del bambino. Un approccio “a tappe” aiuta a evitare che il bambino percepisca la cosa come un grande “segno” o “evento speciale” da nascondere.
Alcuni suggerimenti:
In età prescolare: una frase semplice, ad esempio “Tu sei arrivato grazie a un aiuto speciale che mamma e papà hanno chiesto”
In età scolare: spiegare in modo un po’ più articolato, ad esempio “Abbiamo chiesto aiuto a un centro medico perché avevamo bisogno di un supporto per riuscire ad avere un bambino, e grazie a questo sei arrivato”
In età adolescenziale: una spiegazione più completa, eventualmente con i dettagli (omologa vs eterologa), la rassicurazione che l’amore dei genitori è indipendente dal modo di concepimento, lo spazio per domande, emozioni, riflessioni.
In ogni fase è importante: Usare un linguaggio semplice ma autentico.
Dare il messaggio che il bambino è desiderato, amato, e che il percorso ha richiesto impegno ma non diminuisce il suo valore.
Evitare di suscitare sensi di colpa in genitori o bambino (“mamma e papà non ce l’hanno fatta da soli, quindi è colpa nostra”). Si può invece dire: “Abbiamo chiesto un aiuto medico perché volevamo tanto diventare genitori, e grazie a quello sei arrivato”.
Lasciare spazio per le emozioni, domande, paure, curiosità del bambino.
Rassicurare che la modalità di concepimento non cambia l’essenza del legame, dell’amore genitoriale, dell’appartenenza.
Differenze tra PMA omologa e eterologa
Nel caso di PMA omologa (cioè utilizzando i gameti della coppia): la spiegazione può essere più semplice dal punto di vista genetico: “Per nascere servono una cellula di mamma e una di papà, che insieme danno inizio a una nuova vita. Noi avevamo queste due cellule, ma abbiamo avuto bisogno dell’aiuto di un medico per unirle bene e aiutarti ad arrivare.”
Nel caso di PMA eterologa (ad esempio donazione di gamete o embrione): “Per creare una nuova vita servono due cellule speciali. Una era la nostra, ma l’altra ci mancava. Allora una persona generosa ci ha aiutati donandone una. Grazie a questo aiuto e a tanto amore, sei arrivato tu.”

In questi casi è utile prepararsi a rispondere a domande riguardanti l’origine genetica, il donatore, il significato di essere “geneticamente” in parte o completamente diversi. Ricordatevi che la genitorialità non è definita solo da un legame genetico, ma dall’amore, cura, relazione. “Ci sono tante forme di amore e tante forme di comunità che rendono possibile la nascita.”
Parole da evitare o usare con cautela:
“non naturale” → suggerisce che il bambino è “meno naturale.
“segreto” come “non possiamo dirlo a nessuno” → crea senso di mistero o vergogna
“abbiamo preso un embrione di qualcun altro” senza spiegazione → può spaventare o confondere
Un buon suggerimento: dire “gravidanza spontanea” piuttosto che “naturale”, e ricordare che tutte le gestazioni sono naturali: non parlare di “gravidanza assistita” come se fosse meno valida. L’idea è normalizzare la modalità scelta e non creare una dicotomia “normale vs speciale”. Il concepimento tramite PMA non riduce il valore del bambino. Evitare che il bambino percepisca di essere “meno naturale” o “diverso”: ogni bambino è unico, e ogni famiglia ha una storia.
Raccontare al proprio figlio la storia del suo concepimento con PMA è un atto di amore, di rispetto e di cura. Non significa solo spiegare “come” è avvenuto, ma dare al bambino la possibilità di conoscere la propria origine, sentirsi parte di una storia, sviluppare un’identità sicura e integrata.
